Nel suo percorrere lo spazio esteso, l’uomo ha due modalità
fondamentali: lo spostarsi, ed il viaggiare.
Possiamo attuare questa
generalizzazione, riducendo l’infinita varietà del percorrere il
mondo, e non solo, da parte dell’uomo, in virtù della
constatazione che ogni movimento implica un quantum percorso
nell’estensione. Lo spostamento è quello che avviene in spazi
limitati, il viaggio negli spazi vasti. L’uomo si sposta da una
camera all’altra, ma viaggia verso altre nazioni. Ma, un’altra
distinzione fondamentale fra i due concetti è quello della diversa
natura delle esperienze vissute, in questi moti.
Sembra che lo
spostamento abbia in sé il tratto del moto nei luoghi familiari, che
non riservano sorprese. Diversamente, invece, avviene per il viaggio.
Esemplificazione possibile è quella dei ‘diari di viaggio’,
manifestazioni letterarie del bisogno di elencare il nuovo e lo
sconosciuto di cui, viaggiando, si è avuta esperienza. Per contro,
non abbiamo ‘diari di spostamento’, ma studi scientifici sul
moto. Per andare a lavoro, ci si sposta in treno, ma non si viaggia,
almeno secondo l’accezione di queste parole che qui assumiamo.
Il pericolo, l’imprevedibilità del viaggio è già presente
nell’etimo della parola. Il ‘viaticum’ latino è il
bagaglio necessario, ciò che può servire, che può tornare utile
durante il viaggio. Il vago contenuto oggettivo, l’indeterminatezza
di ciò che in questo gruppo possa rientrare, è il riflesso
dell’impossibilità di anticipare gli eventi di un viaggio. Il
viaggio è imprevedibile. Il suo tramonto, la scomparsa del viaggio,
o la sua trasformazione, si palesa nella standardizzazione del
viaticum. La prevedibilità del visitare altri luoghi sovrasta
e annulla il rischio del viaggio, laddove la preoccupazione
principale è quella di non aver dimenticato lo spazzolino da denti.
La cura per l’igiene dentale sostituisce l’attrezzarsi per il
pericolo dell’ignoto, che di solito è abitato da ciò che
minaccia, e si indica timorosi i luoghi sconosciuti (non-percorsi)
affermando che hic sunt leones. Ma la paura per ciò che è
sconosciuto è oggigiorno ridotta a xenofobia infastidita, a
intolleranza per ciò che è ormai conosciuto, ma non accettato. Il
viaggiatore dei tempi passati vede nel misterioso anche la minaccia
della propria morte.
Notiamo quindi che le due articolazioni possibili del percorrere
spazi da parte dell’uomo che abbiamo indicato sopra, sono in realtà
inapplicabili, nel tempo presente. O lo sono solo in via ipotetica,
potenziale. Questo perché se il viaggio è inteso come spostamento
nella vastità imprevedibile bel mondo, armati del nostro viaticum,
scopriamo che il viaggio è scomparso, ed è ridotto a spostamento.
Si mantiene il tratto del viaggio mediante il percorrere un quantum
spaziale ampio, ma si perde la sua natura imprevedibile.
L’omogeneità, il sempre uguale in un continuum, è la
determinazione primaria dello spazio percorso nel viaggio, divenuto
spostamento, odierno. La ripetizione dell’uguale è la condizione
di possibilità del prevedibile, e dell’acquietarsi delle ansie di
chi si muove in lunghe distanze. Anche il moto corporeo di chi si
sposta, ad esempio in aereo, è caratterizzato dalla staticità. Si
viaggia pressoché immobili, allacciati alle poltrone. La stessa
presenza di una poltrona, che invita il corpo al riposo e allo star
fermo, è una sorta di latente paradosso, un viaticum che
potrebbe lasciare piuttosto sorpreso un esploratore del passato, o
chi non conosce l’odierno spostamento aereo (perlopiù turistico).
Per inciso, ciò non vale per tutti gli spostamenti aerei. Ad
esempio, i primi ‘viaggi aerei’, di sperimentazione, si mossero
in un elemento alieno e imprevedibile (l’aria privata della terra),
non già standardizzato e reso abituale, il che conferirebbe forse a
questi pionieristici attraversamenti dello spazio il nome di viaggi,
piuttosto che di spostamenti, per quanto limitati fossero i loro
voli.
Ma per tener ferma la nostra definizione di viaggio, ovvero il moto
che attraversa uno spazio esteso vasto, e imprevedibile, diciamo che
nessuno spostamento aereo odierno può esser chiamato con questo
nome. Ciò risulta chiaro anche dal fatto che spesso ci si riferisce
alla nostra meta, parlando del viaggio, e non della distanza percorsa
per giungervi, nonostante sia probabile che questa sia di gran lunga
superiore a tutte le distanze coperte dal nostro moto una volta
giunti a destinazione. Un ‘viaggio in America’ ha nel tragitto
percorso in aereo (e solitamente è così che oggigiorno questa
distanza viene coperta) una sua appendice ovvia e tacitabile. Ovvio è
ciò che si sa, di cui si conoscono tute le implicazioni, e tale è
lo spostamento turistico odierno.
Ma anche dire che si è fatto un viaggio in America, negli Stati
Uniti in particolare, risulta forse scorretto, per colui che questo
viaggio lo intraprende partendo dall’Europa. Anche nelle distanti
distese dell'Atlantico l’imprevedibilità è continuamente ridotta
al minimo possibile. Se si ‘sta dai parenti’ ci troviamo spesso
in una riproduzione del nostro ambiente familiare, distinta forse da
esso per dettagli che risultano interessanti, curiosi, piuttosto che
rischiosi. Se si soggiorna in un albergo, conosciamo anticipatamente
tutto ciò che quella particolare dimora avrà da offrirci.
L’ambiente del cittadino occidentale è riprodotto fedelmente
mediante i McDonald’s, i Burger King, i ‘ristoranti etnici’ (in
cui ognuno può ritrovare la riproposizione più o meno esatta del
cibo di casa), la presenza delle medesime banche, di strutture
sociali simili, dei supermercati, e dei prodotti che in essi troviamo
ecc ecc. Ci si sposta, a ben vedere, verso una copia più o meno
alterata del ‘mondo’ che ci è proprio. E ci si fregia del titolo
di ‘viaggiatori’ per il semplice fatto di aver osservato queste
minime alterazioni, le sottili divergenze che non permettono la
perfetta sovrapposizione dei due spazi.
È chiaro che non si intende qui sminuire l’importanza, e
l’indubbio interesse che le differenze fra i paesi dell’Occidente
rappresentino e suscitino. Ma analizziamo qui la trasformazione dello
spazio attuata nell’epoca odierna, e constatiamo che, per colui che
si sposta, spazi diversi appaiono sempre meno diversi.
Sembrerebbe, dunque, che uno dei tratti fondamentali del ‘viaggio’ sia
quello dell’esperienza che esso fornisce a colui che percorre
distanze. E l’esperire ciò che è diverso è uno dei fondamentali
metri di giudizio del mondo. Della propria e dell’altrui statura.
Risulta anche, da queste prime e sommarie considerazioni, che il
viaggio sia divenuto oggi la visita della destinazione. Lo
spostamento che ad essa conduce è un che di standardizzato e
omogeneo, privo di sorprese. Ma la condizione di possibilità di
questa modalità del percorrere l’esteso, sta nel fatto che quegli
spazi siano già stati percorsi, siano già stati conosciuti. E’
quando sappiamo cosa vi è nello spazio che possiamo spostarci in
esso, senza doverci preventivamente armare del nostro viaticum,
ma semplicemente portare con noi il nostro sempre meno indispensabile
bagaglio.
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